La Guerra di Troia

Il sacrificio di Ifigenia


Ormai tutti i re con le loro navi erano radunati in Aulide da più di tre mesi, e per il persistere della bonaccia non si poteva partire.
Agamennone, impaziente, accorato, spiava il mare, i venti, ma purtroppo non spirava il minimo soffio d'aria! Chiamò allora l'indovino Calcante perchè gli dicesse che cosa poteva fare. E l'indovino gli ricordò che alcuni anni prima aveva offeso gravemente la dea Artemide: avendo trafitto con un bel colpo un cervo, si era vantato d'essere un cacciatore pià bravo della dea stessa della caccia.E ora Artemide pretendeva, se si voleva far partire la flotta, che Agamennone le sacrificasse sull'altare la propria figlia Ifigenia. Figuratevi l'angoscia del povero padre! Ma non c'era verso: Ifigenia doveva essere sacrificata; così voleva Artemide, così vollero anche i re convenuti in Aulide. Bisognò far venire da Micene la bella Ifigenia: la fanciulla non si sgomentò, non tremò, non cambiò colore, anzi disse d'essere contenta di spendere la vita per il bene della Grecia e per l'onore di suo padre; e volle salire da sola, a cuore fermo, sull'altare. Ma, mentre il sacerdote immergeva già il coltello nel petto di ifigenia, l'altare venne circondato da una densa nebbia, e, quando questa si ritirò, invece del corpo insanguinato della giovinetta, si trovò sull'altare il corpo di una cerbiatta. Artemide aveva avuto pietà dell'intrepida ragazza e l'aveva sostituita con la cerbiatta, portando via ifigenia viva in Tauride, dove il re del luogo, Toante, la fece sacerdotessa della dea che l'aveva salvata. Ed ecco che subito sorse da terra un venticello che andò a mano a mano crescendo, e la flotta greca potè finalmente togliere gli ormeggi, spiegare le vele e salpare per la Troade.

Preparativi di guerra: Achille


Achille era l'eroe più famoso di tutta la Grecia, per essere rapidissimo nella corsa, per essere valoroso e invincibile in battaglia, per essere anzi invulnerabile. Egli era figlio di Peleo e di Teti, una delle Nereidi, la ninfa che Zeus aveva amato ma che aveva rinunciato a sposare perchè destinata a generare un figlio più forte del padre. Costei per rendere invulnerabile il figlio, lo aveva tuffato nel fiume Stige, le cui acque infernali rendevano la pelle umana più dura dell'acciaio. Ma siccome, nel tuffarlo, la dea aveva tenuto il figlio per il tallone, questa parte del piede non aveva ottenuto il privilegio dell'invulnerabilità ed era l'unico punto del suo corpo dove si poteva ferirlo ed ucciderlo. Achille era poi stato affidato dalla madre al centauro Chirone, che ne aveva fatto un giovane forte, audace e generoso. Teti aveva ottenuto dal Fato che Achille potesse scegliere a suo modo il proprio avvenire; e il Fato gli lasciò la scelta tra un vita lunga senza gloria o una vita gloriosa ma breve. Achille aveva scelto quest'ultima. Ed è appunto per questa sua scelta che, appena scoppià la guerra troiana, Teti ebbe paura per il figlio e, per sottrarlo al pericolo, lo aveva nascosto, travestito da donna, tra le ancelle di corte e le figlie del re Licomede di Sciro.
Ulisse dunque prese una cassetta di quelle che portano i merciai ambulanti; la riempì di aghi, di nastri, di merletti e di tutte le cianfrusaglie che piacciono tanto alle donne; poi, sotto tutta questa roba, nascose una spada. Fingendo di essere un merciaio, andò peregrinando di corte in corte, gettando il suo grido: "Chi vuole aghi fini, bei nastri, buone forbici, donne!"Quando andò a Sciro fu chiamato dalle figlie del re e le ancelle di corte. Tutte le donne della casa gli furono attorno per fare delle compere, ma il furbo Ulisse si accorse che una delle ragazze se ne stava in disparte, senza interessarsi affatto alla sua merce. Quando il re di Itaca ebbe accontentato tutte le altre fanciulle, lanciò il grido di guerra: "All'armi! All'armi!" Le ancelle fuggirono via spaventate; solo una restò; e, avendo Ulisse fatto vedere la spada che stava nel fondo della cassetta, questa ancella si avvicinò al merciaio e, impugnando la spada fieramente, si fece riconoscere per guerriero. Era Achille, e così anche lui dovette andare alla guerra.

Preparativi di guerra: Ulisse


Menelao, quando s'accorse che la moglie era fuggita via con Paride, andò su tutte le furie e persuase il fratello Agamennone, re di Micene, che bisognava vendicare la grave offesa muovendo guerra a Troia. Agamennone, che aveva un grande ascendente su tutti gli altri re della Grecia, mandò attorno gli araldi per far sapere ai re che intendeva muover guerra a Priamo, perchè oltre all'oltraggio fatto da Paride a suo fratello, ormai Priamo cominciava a dare fastidio alla Grecia, la quale non sarebbe mai potuta diventare una grande potenza finchè la rivale asiatica non fosse stata sconfitta.
Tutti i re risposero all'appello e con le loro navi e i loro eserciti convennero in Aulide, luogo designato del raduno. Vennero Nestore, re di Pilo, dalla lunga barba bianca, oratore eloquente e vecchio pieno di esperienza e di saggezza; Diomede, figlio di quel Tideo che era morto nella prima guerra tebana, re di Ardo, e forte come un toro; Aiace, figlio di Telamone, re di Salamina, forte e cocciuto; l'altro Aiace, figlio di Oileo, re di Locri, agile e astuto, Palamede, re di Eubea, e tanti e tanti altri re ed eroi. Mancava però Ulisse, lo scaltro re di Itaca. Costui era sposo felice di Penelope e padre di un Telemaco. Perchè mai si sarebbe dovuto imbarcare per una spedizione di oltremare, che certamente sarebbe stata lunga, difficile e rischiosa? Per evitare di andarci, si finse pazzo. Ma Agamennone non ci credette e mandò il cugino Palamede a Itaca a vedere come stavano le cose. Ulisse si fece trovare ad arare la sabbia del mare e a seminarvi il sale. Poteva esserci infatti pazzia maggiore? Ma Palamede non la bevve e, per andare a fodno, mise il piccolo Telemaco sul solco, proprio davanti a i buoi che tiravano l'aratro paterno. Ulisse frenò i buoi di colpo, e Palamede capì da quel gesto istintivo che Ulisse ragionava bene. E lo costrinze perciò a seguirlo. Senonchè, stada facendo, il furbo re di Itaca persò che, se lui doveva andare alla guerra, avrebbe dovuto andarci anche Achille, il quale evidentemente si era nascosto; e perciò si propose di stanarlo dal suo nascondiglio.

Le origini della guerra di Troia

Probabilmente le vere origini della guerra dei Greci contro i Troiani vanno cercate appunto in queste eccezionali ricchezza e potenza di Troia, che non potevano non risvegliare le cupidigie degli altri popoli meno fortunati; a ciò si devono aggiungere la concorrenza commerciale tra le navi mercantili troiane e quelle greche che s'incontravano ogni giorno nel mar Egeo, e la differenza di cultura e di costumo. La leggenda invece riduce l'urto tra i due popoli a una questione di onore.

Tra i cinquanta figli maschi di Priamo ce n'era uno che si chiamava Paride.Un sogno aveva predetto alla madre, prima che nascesse, ch'egli sarebbe stato la rovina della patria, e perciò, appena nato, il bimbo era stato esposto sul monte Ida perchè morisse, ma fu allevato invece da un'orsa pietosa e visse, crescendo poi tra i pastori; diventato un bellissimo adolescente fu scelto da Zeus perchè giudicasse chi fosse la dea più bella tra Hera, Pallade Atena e Afrodite; il giovane preferì quest'ultima che gli aveva promesso in sposa la più bella donna del mondo, attirando così sulla sua patria l'odio e la vendetta delle altre due potentissime dee.
Qualche tempo dopo questo giudizio, Paride venne riconosciuto dalla madre Ecuba e tornò tra gli altri suoi fratelli a Troia, nella reggia. Priamo, volendo che s'inpratichisse degli affari politici, gli affidò la missione di recarsi a Sparta per rintracciare sua zia Esione, la figlia di Laomedonte che era andata sposa a Telamone e di cui non si aveva più notizie. Paride andò a Sparta e fu accolto molto cordialmente dal re Menelao. Ma, quando Paride vide Elena, la moglie del re, subito se ne innamorò. Si ricordò che Afrondite gli aveva promesso in sposa la donna più bella del mondo, e chi poteva essere la donna più bella del mondo se non Elena, la bellissima figlia di Leda e quindi sorella dei Diòscuri e di Clitennestra? Afrodite qunque doveva mantenere la promessa. Afrodite così invocata, la mantenne: compose un filtro magico, lo versò nella tazza in cui Elena beveva, e stette ad attendere il risultato; Elena, a mano a mano che beveva, dimenticava il marito, la figlia, ogni cosa e non aveva più altro pensiero che per Paride; tanto che, appena questi le propose di fuggire con lui, accettò subito senza esitare, s'imbarcò sulla nave troiana e quella notte stessa salpò con Paride alla volta di Troia, dove Paride la sposò. Tutta la famiglia di Priamo accolse festosamente la nuova nuora del re, ad eccezione di una delle cinquante figlie di Priamo e Ecuba, Cassandra che, avendo il dono della profezia, sapeva già che quella donna sarebbe stata la rovina di Troia, Ma nessuno le credette, come era destino di tutte le sue profezie.

La fondazione di Troia


La Troade era una fertile regione dell'Asia Minore, a poca distanza dall'Ellesponto, che oggi si chiama Stretto dei Dardanelli ed è una delle chiavi del Mediterraneo.
Nel tempo dei tempi ne era re Teucro. A lui un giorno si presentò un giovane avventuriero di nome Dardano, che veniva dalla Samotracia in cerca di una terra su cui regnare. Teucro l'accolse benignamente e gli diede per moglie sua figlia Batea.Dalle loro nozze nacque un figlio, Erittonio, che divenne poi l'uomo più ricco del mondo e fu padre di Troo, il quale, a sua volta, si sposò ed ebbe tre figli: Assàraco, Ilo e Ganimede. Assàraco morì giovane e si sa poco e niente. Ganimede fu rapito da Zeus e divenne coppiere degli dèi; Ilo succedette al padre sul trono e, non più soddisfatto della vecchia capitale Dardania, volle costruirsene una nuova e, per scegliere il luogo dove costruirla, interrogò l'oracolo.Questo gli rispose di seguire una mucca bianca, pezzata di scuro, che se ne stava allora pascolando in pianura; e dove si fosse fermata doveva fondare la città.
Ilo seguì la mucca appena si mosse dal pascolo: la bestia si fermò su una collinetta da cui si dominava tutta la pianura sino al mare. Qui fece costruire la sua città che chiamò Troia, dal nome di suo padre. Zeus, per dimostrargli il suo compiacimento, gli mandò una statua di legno, la statua di Pallade Atena che fu chiamata poi il Palladio, con questo privilegio: la città non avrebbe potuto mai essere conquistata finchè avesse avuto la statua dentro le sue mura. Ilo aveva tanta fede nella promessa di Zeus, che non volle nemmeno cingere di mura la città, persuaso che il Palladio bastasse a difenderla.
Zeus aveva avuto ragione di compiacersi di Troia, perchè essa era davvero una città magnifica: colonnati, scale, templi di marmo, palazzi dorati, ogni edificio pubblico era costruito secondo i canoni di una elegante architettura; e sotto il colle si estendeva una pianura, solcata da due fiumi ricchi di acqua, lo Scamandro e il Simoenta; e più oltre vi era il mare scintillante di luci e di riverberi. Dietro la città, formava uno sfondo pittoresco una catena di alte montagne nevorse, la catena dell'Ida, i cui fianchi erano ricorperti da cupe foreste di frassino e di abeti.
La nuova capitale diventava ogni giorno più prosperosa e potente, graze alla sua felice posizione: Troia era infatti al centro delle comunicazioni terrestri e marittime tra l'Asia e l'Europa.


Quando Ilo morì, divenne re il figlio Laomedonte, che volle circondare la città di solide mura. Gliele fabbricarono due dèi Apollo e Poseidone. Da Laomedonte il trono passò nelle mani di suo figlio Priamo, che portò il suo regno e la sua capitale a grande splendore: i cinqua figli e le cinquanta figlie, che la leggenda attribuisce a lui e alla moglie Ecuba, sono forse il simbolo di tanta opulenza e del suo immenso potere.

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